Artisti 900

Birolli Renato

Renato Birolli nasce a Verona, da famiglia operaia, nel 1905. Dopo la frequenza all'Accademia Cignaroli, si trasferise a Milano dove compie lavori saltuari, soprattutto come cronista di agenzia e decoratore. Il nome di Birolli cominciò ad essere noto a Milano intorno al 1930 quando gruppi di giovani artisti si ribellarono all'arcaismo di Novecento - improntato sull'ideologia fascista della romanitas in arte - proponendo l'affermazione del fare artistico come partecipazione al dramma della vita e del mondo, mediante opere in cui traspare l'angoscia, la sofferenza, la coscienza di un mondo che non può risolversi soltanto in visione idilliaca. Già nel 1931, all'epoca della Mostra allestita presso il "Milione" con Manzù e Sassu, espone quel "San Zeno" che diventa quasi programmatico della sua arte incentrata sul problema del necessario rapporto con la vita e come ritorno ai liberi modi dell'immaginazione e recupero dell'idea di una pittura come profondo momento morale. Ispirata a Ensor, Kokoschka, e specialmente quel Van Gogh che raggiunse un'identità totale tra problema di forma e problema umano, la pittura di Birolli si ricollega in genere a quell'espressionismo che divenne un po' il vessillo della rottura del fronte del Novecento. Matura, intanto, una presa di coscienza politica che lo porterà ad un attivo antifascismo (che tra il 1937 ed il 1938 gli costerà anche il carcere). Quegli stessi ideali di identificazione tra arte e vita porte ranno l'artista ad essere nel 1938 tra i firmatari del manifesto di Corrente che afferma, in primo luogo, la necessità di collegarsi ai principali movimenti della cultura artistica europea. Gli anni della guerra sono vissuti da Birolli tra Milano e la solitudine della cam pa gna lombarda. Anche nei "Taccuini" - scritti di poetica e di rifles sione che diventano organici e continui a partire dal 1936 - si documenta la parteci pazione dell'artista al terribile clima di quegli anni, partecipazione che risulta evidente anche nella pittura che si confronta con la cruda realtà quotidiana delle campagne dando origine, tra le altre produzioni, a quei disegni della Resistenza per i quali la critica (Corrado Maltese) stabilì un riferimento al nome di Goya. Nell'immediato dopoguerra Birolli fonda la Nuova secessione artistica italiana, più tardi detta Fronte nuovo delle arti con l'intento di rinsaldare le forze vive allora operanti ma che presto si sfaldò per la presenza al suo interno di tendenze fortemente contrastanti. Determinante fu per Birolli la permanenza a Parigi tra il 1946 ed il 1947 - (epoca a cui risale anche il disegno a matita e inchiostro donato al Museo: Satiro, del 1947) - che gli consentì di inserirsi in una "koiné" europea - accostandosi a Picasso ed al Cubismo - saldandosi ad una cultura europea che gli consentirà di pervenire alla personale ricerca di una immagine veramente moderna. Dal 1947 al 1955 il discorso di Birolli è caratterizzato dalla ricerca di un rapporto tra forma e colore e dalla tenace volontà di ampliare, pur nella libertà di una più ampia cultura formale, il "... primitivo impulso a fare della pittura un insostituibile modo d'esperienza del mondo." In quest'ultimo periodo, inoltre - proprio prima dell'improvvisa morte che lo coglie nella primavera del 1959 - Birolli viaggia assiduamente - (lo troviamo ad Anversa nel 1957 e a New York nel 1958) - confrontandosi con le più moderne tendenze dell'arte americana ed europea che trovano espressione nei dipinti dell'ultima estate a Manarola, pur mantenendo fermo il proprio filone creativo che si esprime nell'identità arte-vita, tanto che egli annota nel 1958: "... ora si tratta di sapere ciò che si è, dipingere la nostra anima, la nostra pittura..." La mira di Birolli, oltre a quel riferirsi alla cultura europea che costituì un motivo ricorrente della sua produzione, fu sempre quella di "... rendere la pulsante, quasi trepidante incertezza, esitazione... che è in ogni ricerca e che è nella stessa ricerca del pittore quando tenta una via, quando tenta di rendere sulla superficie bianca del foglio o della tela la sua personale reazione... di fronte alle cose che vede." Per un'altro verso - continua nella sua analisi Corrado Maltese - ciò che caratterizza Birolli è anche il mantenere il contatto col suo spettatore orientandolo verso il mondo ma anche, al tempo stesso, "... spingerlo a vederne gli aspetti criticamente... a sentirsi soggetto attivo di fronte allo spettacolo naturale..." che comporta nella sua opera un continuo, costante sovvertimento dei codici tradizionali della rappresentazione.

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