Mario Sironi nasce a Sassari il 12 maggio 1885. A Roma frequenta l’Accademia di Belle Arti e lo studio di Giacomo Balla, stringendo amicizia con Gino Severini e Umberto Boccioni. La sua ricerca personale parte dall’esperienza divisionista e, nel 1914, trasferitosi a Milano, si avvicina al Futurismo. Nei primi anni Venti, la sua pittura resta di tipo futurista anche se, nel suo stile si stavano facendo strada forme tendenti al metafisico, di cui dà una personale interpretazione nelle celebri periferie. Nel 1920 firma con Leonardo Dudreville, Achille Funi e Luigi Russolo il manifesto "Contro tutti i ritorni in pittura". Nel 1922 entra a far parte del gruppo Novecento e il suo linguaggio figurativo, di conseguenza, si adegua ai dettami a cui i membri dovevano attenersi. Appartiene al periodo novecentista un ritratto del 1924 in cui il ritorno al modello classico è evidente nella posa a tre quarti e nell’estrema monumentalità della donna. Citazioni al mondo classico sono anche la statua in gesso posta alle spalle della ragazza ed il vaso-anfora, un elemento che si ritrova molto spesso nei lavori di questo periodo. Il richiamo all’ordine si manifesta in maniera differente rispetto a quella che gli altri artisti portano avanti negli stessi anni: è più tenebroso e cupo. Dall’inizio degli anni Trenta gli interessi artistici si moltiplicarono, spaziando dalla grafica alla scenografia, dall’architettura alla pittura murale, dal mosaico all’affresco. La sua attività apparve sempre più finalizzata alla realizzazione di opere monumentali e celebrative del regime fascista. Nel dopoguerra la sua pittura abbandona il carattere monumentale degli ultimi anni a favore di una diversa e più dimessa concezione spaziale, resa su tele di piccole dimensioni. Muore nel 1961 a Milano. Nel 1965, gli viene dedica una retrospettiva nell’ambito della IX Quadriennale di Roma.