Nato a Milano nel 1907 e ivi morto nel 1998. La sua formazione artistica muove dalle esperienze pittoriche condotte nell'ambito del Futurismo, dal quale trarrà la sua ricerca visuale e l'interesse per l'oggetto nella sua complessa definizione e identificazione di caratteri, attributi e significati. Nel 1925 conosce Marinetti, simpatizza con Balla e Prampolini, i futuristi che lo influenzarono maggiormente. Dal 1927 partecipa alle collettive futuriste: espone alla milanese Galleria Pesaro, alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e a Parigi. Sono del 1933 le sue prime "macchine inutili", concepite secondo i presupposti dell'arte programmata, che lo rendono famoso negli ambienti artistici dell'epoca. Inventa "L'agitatore di coda per cani pigri", studia "il motore per tartarughe stanche". Nel 1939 diventa art director della rivista Tempo. Con Max Huber collabora alla creazione dell'immagine della casa editrice Einaudi. Del 1945 è il suo primo multiplo cinetico ("Ora X"); del 1948 49 i suoi "libri illeggibili"; del 1951 le "strutture continue" tridimensionali, gli esperimenti sul "negativo-positivo" e quindi successivamente quelli sulla luce polarizzata per proiezioni dalla materia; i numerosi film di ricerca, la progettazione di oggetti di arte cinetica; le sue famose "sculture da viaggio" in cartoncino piegabile (oggetti di ornamentazione estetica, progettati allo scopo di creare un punto di riferimento, in qualche modo coincidente col proprio mondo culturale, da collocare nelle anonime camere di albergo o in qualunque altro luogo non caratterizzato). Seguono le "Xerografie originali", i "Polariscop", gli oggetti flessibili "Flexy", i giochi per i bambini e tanti vari oggetti di arte cinetica. A questa intensa ricerca nel campo della sperimentazione visiva e attività nel campo della progettazione, s'accompagna quella non meno costante e feconda nel campo della grafica, in quello degli allestimenti e in quello della saggistica. Tra i suoi numerosi scritti, fondamentali sono "Design e comunicazione visiva" (1968), "Arte come mestiere" (1966), "Artista e designer" (1971), "Codice ovvio" (1971). Premi e riconoscimenti gli giungono da ogni parte del mondo: il premio della Japan Design Foundation (1985), quello dei Lincei per la grafica (1988), il premio Spiel Gut di Ulm (1971 – 73 – 87), e, nel 1989, la laurea ad honorem in architettura dall'Università di Genova. "Il design dà qualità estetica alla tecnica. Non nel senso dell'arte applicata, come si faceva una volta quando l'ingegnere che aveva ideato la macchina per cucire, chiamava un artista che gliela decorasse in oro e madreperla, bensì nel senso che l'oggetto e la sua forma estetica siano una cosa sola ben fusa assieme, senza alcun riferimento a estetiche preesistenti nel campo dell'arte cosiddetta pura. Un oggetto progettato dal designer non risente dello "stile" personale dell'autore (dato che il designer non dovrebbe avere, a priori, uno stile col quale dar forma a ciò che progetta, come avviene quando un artista si improvvisa designer); l'oggetto prodotto dal designer dovrebbe avere quella "naturalezza" che hanno le cose in natura: una cavalletta, una pera, una conchiglia, una scarica elettrica; ogni cosa ha la sua forma esatta. Sarebbe sbagliato pensare queste cose in stile: una cavalletta a forma di pera, una scarica elettrica a forma di... Un settore diverso dal design, che ha una sua precisa funzione, è lo styling, dove si progetta moda, dove la fantasia e la novità sono dominanti, per un consumo rapido della produzione. Il vero design non ha stile, non ha moda; se l'oggetto è giusto, (nel design non si dice bello) dura sempre. Oggetti di design ignoto si usano da sempre: il leggìo a tre piedi dell'orchestrale, la sedia a sdraio da spiaggia..." Bruno Munari è una della grandi figure del design e della cultura del XX secolo. Milanese, ha vissuto tutte le età più significative dell'arte e del progetto, diventandone un assoluto protagonista sin dagli anni Trenta, con la creazione delle "macchine inutili" e con il contemporaneo lavoro di grafica editoriale, del tutto innovativo nel panorama europeo. Ma è nel secondo dopoguerra che Munari si afferma come uno dei "pensatori" di design più fervidi: la collaborazione con tutte le aziende più importanti per la rinascita del Paese - dalla Einaudi alla Olivetti, dalla Campari alla Pirelli - e una serie di geniali invenzioni progettuali - spesso realizzate per la ditta Danese - ne fanno un personaggio chiave per la grande stagione del design italiano. Grafica, oggetti, opere d'arte, tutto risponde a un metodo progettuale che si va precisando con gli anni, con i grandi corsi nelle università americane, come l'MIT, e con il progetto più ambizioso di tutti, che è quello dei laboratori per stimolare la creatività infantile, che dal 1977 sono tuttora all'avanguardia nella didattica dell'età prescolare e della prima età scolare. Muore nel 1998.