A cadenza di tempo. Un passo. Un tocco. A cadenza di spazio. Un atto.
Al terminar del mondo, un mondo.
Ancora. Una città , tutte le città .
La città , per l’appunto, è il luogo indicato e centrale in cui si plasmano gli ultimi lavori di Alessandra Carloni. Il campo dove costruzioni, personaggi, colori e storie vanno sovrapponendosi su piani sezione di sfumature precise, linee definite, mescolandosi in vortici semantici che strabordano di vitale esistenza.
Esistenze molteplici e complesse smarrite nella caoticità di un vivere metropolitano e solitarie dentro il desolante scorrere del tempo delle nostre città .
E cosa ne riamane se non presenze. Se non automi meccanici racchiusi nella ripetitività di un tempo che scandisce solo se stesso come il susseguirsi replicato delle stesse domande.
Ecco allora personaggi che non possono (o non sanno) più volare; guardiani del tempo che non sanno più guardare; umanoidi radiografati nel loro essere macchina organica che mettono in mostra un altro mondo, di dentro, più recondito, come fosse quell’altra città che li (ci) sottende. Ed è questo che Alessandra Carloni ci presenta con una pittura che garbatamente espone al nostro sguardo tutta la complessità , la caoticità , la multidirezionalità di quel mondo altro che, forse, è presente in molti di noi e che certamente caratterizza la nostra contemporaneità .
Ancora dunque una città , oltre la città … tutte le città . Al limitar di questo mondo il mondo che ci portiamo dentro. Nel nostro spazio. Nel nostro tempo. Un tempo che automaticamente scandisce i nostri stati d’animo, la nostra esistenza che sembra avere più che altro la parvenza di una facile presenza, meccanica e asettica, puntata all’attesa.
L’attesa di una risposta o, semplicemente, della giusta domanda.
Nell’attesa, chissà , di una “apocalisseâ€.
Alessandro Morino